martedì 28 maggio 2013

Parlando di "Sante"

Pubblicato da alle 9:23 PM
Capita nella vita d'imbattersi in creature straordinarie che non credavamo esistessero. Le incrociamo in qualche pub, in una strada di periferia e giriamo la testa storditi a guardarle, non credendo a noi stessi.
La prima volta che ho incontrato "Sante" (lo chiamerò così per comodità) ho sentito le farfalle che dallo stomaco, mi finivano accidentalmente nelle vene, ostruendole pericolosamente, cosicchè non giungeva abbastanza sangue al cuore e ossigeno al cervello. Aveva occhi così intensi che t'inchiodavano in una morsa dolorosa, era il "tipico" ma raro personaggio per cui perdoni il tuo balbettio e il tua improvvisa voglia di parlare a vanvera
  
Nessun attore, modello o latin lover, poteva competere con Sante. Il paradosso più grande, in grado di farti sentire una povera scema in balia degli eventi, era che Sante non era affatto un bello "da paura". Non avrebbe mai potuto competere con lo statuario "parlami d'amore Mariù" nella pubblicità di Dolce & Gabbana





Nemmeno avvicinabile all'impossibile, inafferrabile (presumibilmente gay) Gabriel Garko. Nessun tipo di gel fra i capelli, nessuna scottatura imbarazzante data da una lampada abbronzante, nessuna caramella per l'alito e di sicuro, le sue sopracciglia non erano rifatte.
No, Sante era di più, aveva uno strano sorriso sornione, compariva e scompariva in un attimo, tanto che ci si chiedeva se fosse comparso per davvero. Sollevava il labbro destro, incurvava il sinistro, quasi un ghigno, ma estremamente sensuale. Sante era un uomo.
Aveva mani ruvide e abbronzate, perché odiava stare rinchiuso in casa e lavorava all'aperto, non dispezzava il lavoro manuale, non lo infastidiva il sudore che gli scorreva fra le scapole, sorrideva sotto il sole cocente e cantava canzoni d'amore.
Sante non era alto, aveva l'universo stretto in gola e migliaia di donne.
Quando l'ho incrociato per la prima volta ero una ragazzetta, lui era interessato ai miei occhi, io ero totalmente persa nei suoi. 
Recitava poesie, si divertiva a sussurrarmi nell'orecchio la mia preferita, soffiandomi sul collo, giocando con i miei pensieri, con le mani strette nelle mie.
  
             
  E i bicchieri eran vuoti
  e la bottiglia infranta
  E il letto spalancato
  e l'uscio era sprangato
  E tutte le stelle di vetro
  della felicità e della bellezza
  lucevano nella polvere
  della stanza mal spazzata
  Ed ero ubriaco morto
  ed ero fuoco di gioia
  ed eri ebbra vivente
  nuda tra le mie braccia.


Sante non era ricco, ma la sua personalità riempiva il portafoglio vuoto. Era selvaggio e odorava di libertà, viaggiava molto, lasciava dietro di sè sospiri e ricordi. In verità, era così pieno d'amore da travolgere come un uragano tutti quelli che riuscivano a sfiorarlo almeno una volta. Entrava e usciva dalla vita delle persone con tale velocità che era impossibile immaginare il viso dei figli che avresti potuto avere con lui. 
Sante collezionava conchiglie, ti portava a vedere la cima di una montagna e ti fissava come se non ci fosse stato un domani. Era un attimo, un soffio di vento e "puf", lui non c'era più.
Tutti si ricordano di Sante, aveva capelli neri come l'ebano e sapeva di mare. Fumava troppo e non riusciva a fermarsi. 
Mia nonna lo vedeva passare fischiettando davanti alla nostra finestra, mentre lei stendeva la sfoglia, ogni volta mi ammoniva sospirando affaticata: "non innamorarti mai di qualcosa di selvaggio".
Sante non fuggiva, la sua vita era sul ciglio del burrone e fra le dita magiche del vento, un incessante andare.

                  



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