«Non è un paese per poveri!» dicevo con rabbia,
Inizia tutto dalla fine delle scuole superiori, chi ha i soldi può andare all'università, chi non li ha deve lavorare! guadagnarsi il pane. Magari un povero ha anche la voglia di farsi una cultura, quindi se è fortunato, lavora e si paga gli studi. Ne consegue che non avrà mai molto tempo per studiare, i suoi voti non saranno particolarmente eccellenti, poi cosa succede? si laurea a una triennale. Mettiamo caso che voglia continuare il suo percorso, i Master? non sono nemmeno considerabili visto l'elevato costo, in più c'è una selezione così stretta per la maggior parte che risultano essere "inaccessibili" per chi ha sputato sangue per ottenere un bagaglio culturale che, paradossalmente, è "limitato" per le credenziali richieste da alcuni. Esistono le borse di studio no? bene, quelle di merito e di reddito, in numero limitato, non sempre ottenibili e soprattutto non sufficienti per coprire tutte le spese.
Cosa succede? che il ragazzo ricco potrà permettersi l'università non lavorando e quindi, puntando a un voto più che eccellente, avendo una maggiore disponibilità temporale da dedicare allo studio, potrà andarsene frequentemente all'estero, conseguire facilmente certificati di lingua, uscito da una triennale potrà permettersi il Master e, sicuramente, avere un curriculum curato e pronto per la prima azienda che lo considererà maggiormente rispetto agli altri.
Sono passati tre anni, da quel discorso e dal guasto del treno (si, ce ne sono stati altri mille!).
Quel ragazzo pallido ora, è un mio grande amico. Entrambi ci ritroviamo laureati, con un voto pressoché similare, lui è ricco io mi ritengo appartenente alla fascia media di reddito.
Lui farà un Master, io una magistrale, ma entrambi abbiamo sperimentato le tante porte in faccia da quel mondo lontano e impalpabile che chiamano "lavoro".
Che la crisi abbia portato la meritocrazia?
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